Ambiente

Dalle banche 250 miliardi per la deforestazione. E l'Italia blocca la legge salva-boschi

Greenpeace punta il dito contro i giganti finanziari dell'Ue, tra cui anche Unicredit e Intesa Sanpaolo. Mentre a Bruxelles il governo cerca di fermare l'attuazione del regolamento Eudr

La deforestazione in Amazzonia - (AP Photo/Eraldo Peres) Associated Press/LaPresse

Centinaia di miliardi investiti in attività che distruggono gli ecosistemi e che quindi compromettono il futuro del pianeta e contribuiscono ai cambiamenti climatici. Ci sarebbero alcuni dei principali istituti finanziari europei tra le banche accusate di investimenti poco sostenibili. A puntare il dito contro istituti come Bnp Paribas, Santander, Deutsche Bank, Ing Group e Rabobank è Greenpeace, che in un report denuncia che alcune delle maggiori banche europee avrebbero investito, dal 2015 a oggi, 256 miliardi di euro in attività che comportano disboscamenti e perdita di biodiversità.

Come finanzio la distruzione dell'ambiente

Secondo la Ong ambientalista, questi istituti avrebbero finanziato produttori di soia, olio di palma, bestiame e altre industrie nemiche dell'ambiente con il 22,1% del credito globale dal 2016 al 2023. I finanziamenti sarebbero andati a società come Jbs, Cargill, Sinar Mas e altri operatori che secondo Greenpeace avrebbero noti legami diretti o indiretti con recenti casi di deforestazione in Sud America e nel Sud-Est asiatico.

La stragrande maggioranza di queste istituzioni (86,6%) da cui proviene il credito ha sede in Francia, Paesi Bassi, Germania e Spagna. Parlando di investimenti, il 9,4% del totale mondiale in questi settori arriva dall'Ue, che è il secondo maggior finanziatore di estrazioni, trasformazione e commercio di materie prime a livello mondiale. "C'è un chiaro schema, i legami del settore finanziario dell'Ue con la distruzione degli ecosistemi sono diffusi", ha denunciato Sigrid Deters, attivista per la biodiversità presso Greenpeace Paesi Bassi. "Non possiamo combattere la crisi climatica e il collasso ecologico mentre allo stesso tempo finanziamo l'estinzione", ha aggiunto.

Il ruolo delle banche italiane

Anche l'Italia sarebbe coinvolta in questo fenomeno. Sempre nel periodo 2016-2023 le istituzioni finanziarie con sede nel nostro Paese avrebbero fornito un totale di 9,9 miliardi di euro in credito e 2,6 miliardi di euro in investimenti a importanti società che operano in questi settori dall'alto impatto ambientale. Unicredit spicca come il principale finanziatore italiano con quasi 6,4 miliardi di euro di crediti elargiti a queste società, mentre al secondo posto troviamo Intesa Sanpaolo con 2,4 miliardi di euro, che è invece la principale banca italiana per quanto riguarda gli investimenti, che ammontano a 1,2 miliardi di euro. Questi numeri fanno del comparto finanziario italiano il quinto maggior fornitore di credito e il settimo maggior investitore in settori che mettono in pericolo gli ecosistemi tra i Paesi dell'Ue.

E se la deforestazione è uno dei problemi principali che sta portando ai Cambiamenti climatici, gli Stati europei non sembrano essere determinati a combattere in maniera adeguata questo fenomeno. Sette Paesi, fra cui l'Italia, stanno cercando di rallentare i tempi di attuazione del regolamento Ue anti-deforestazione (European deforestation regulation, Eudr), adottato nel maggio 2023. Con questa legge si intende ridurre l'impatto che la coltivazione e la produzione di alcuni prodotti, come soia o legname, hanno sull'ambiente e su alcune popolazioni.

Lo stop alla legge salva-boschi

Le aziende che vogliono immettere i loro prodotti sul mercato europeo devono dimostrare che questi non provengano da terreni che sono stati deforestati dopo il dicembre 2020. Il gruppo di Stati guidati dall'Austria vorrebbe ridurre l'efficacia dell'intervento comunitario proponendo di non applicare queste regole ai piccoli agricoltori, per cui la misura diventerebbe obbligatoria a partire da giugno 2025. "L'attuazione della legge anti-deforestazione influirà negativamente sulle pratiche agricole e forestali sostenibili e su piccola scala nell'Unione europea, mentre ai Paesi terzi è vietato solo importare nell'Ue", si legge in un documento siglato dai sette Paesi Ue secondo quanto riporta il quotidiano online Euractiv

Anche se la legislazione venisse applicata così come è adesso, senza esenzioni per i piccoli agricoltori, resterebbe il problema che il settore finanziario non è regolato, e quindi le banche, come denuncia Greenpeace, possono tranquillamente continuare a investire in settori non sostenibili. "La legislazione attuale non contempla i flussi finanziari legati alla distruzione degli ecosistemi", ha dichiarato Martina Borghi, attivista per le Foreste di Greenpeace Italia. "La revisione prevista entro giugno 2025 rappresenta un'opportunità cruciale per colmare questa lacuna", afferma ancora l'attivista.

"Se questa opportunità verrà ignorata, l'Ue si troverà in una situazione paradossale in cui il suo settore finanziario continuerà a facilitare e trarre profitto dalle attività distruttive di società che producono, lavorano e riforniscono il mercato globale di prodotti legati alla distruzione degli ecosistemi", ha concluso Per questo Greenpeace chiede all’Ue di migliorare l’Eudr, estendendo gli obblighi previsti dal Regolamento anche alle istituzioni finanziarie, per fare in modo che investimenti e assicurazioni non vadano a finanziare società e attività che distruggono le foreste e altri importanti ecosistemi.


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